I'll Take Your Dead recensione



Attenzione: contiene qualche spoiler necessario

Diciamoci la verità: lavorare da casa è un po’ il sogno di chiunque (di chiunque non sia un masochista intendo). Molti cercano di lavorare da casa sfruttando le opportunità della rete. Si può fare da traduttori, si può vendere le proprie opere artistiche tramite agenzie etc etc …
Il personaggio di I'll Take Your Dead opta invece per un approccio più analogico: occultamento cadaveri in tavernetta.

L’attività consiste esattamente in questo e il suo workflow è il seguente:  si riceve presso il proprio domicilio corpi senza vita  e li si fa’ sparire definitivamente  dalla circolazione senza tracce. I clienti ovviamente non sono  mai degli stinchi di santo, e neanche i cadaveri che portano.
William vive disperso nella neve in una fattoria fuori città con la sua adorata figlia dodicenne Gloria, sua aiutante. Tutte le gang del circondario lo chiamano, con terrore e riverenza, “the candy butcher”, una vera e propria leggenda urbana tra le gang. 
Si  narra infatti che il macellaio provi un sadico  piacere a mangiare le proprie vittime, sostenendo che il sapore dolce del sangue sia pari a quello delle caramelle.
I presupposti con cui entriamo nella storia dell’allegro macellaio non sono tra i più rassicuranti e tutto è apparecchiato in scena per sembrare l’ennesima copia di The Texas Chainsaw Massacre in salsa gangsta.
A sostegno del detto che l’abito non fa il monaco però, la prima impressione ed il sentito dire si rivela sbagliata.
Il macellaio infatti si scopre essere un poveraccio di buon cuore ed un ottimo padre,  che per una serie di sfortunatissimi eventi (tra cui la morte della moglie affetta da leucemia)  si ritrova suo malgrado a fare quell’ingrato (ma ben pagato)  lavoro soprattutto perché ricattato dalle mafie locali. La materia del ricatto? La vita di sua figlia.
Figlia che, alle soglie della sua pre-adolescenza, non sta crescendo proprio benissimo, completamente isolata e  tra cadaveri sezionati e sciolti nell’acido dal padre, come il migliore dei Walter White. Per questo motivo William sta mettendo da parte dei soldi e pianificando una fuga da quella vita, per riportare l’esistenza della figlia alla normalità.
A guastare questo idilliaco (?) quadretto c’è il fatto che una delle consegne arriva …un po’ troppo viva, e che William non è un assassino ma un occultatore di cadaveri già morti.  Una donna, Becky, che minerà il loro già precario equilibrio alla base e da cui scaturirà un intreccio narrativo avvincente ed ad alta tensione con poche pause e poche sbavature e che resta credibile….con alcune  importanti eccezioni  che purtroppo mi fermano dal definire questo film un piccolo capolavoro.  


Ho fatto un etto e mezzo, che faccio? Lascio? (Il macellaio)
Ho dovuto spiegare la trama un po’ più approfonditamente di come faccio di  solito per farvi capire che non parliamo di un film banale come sembra, e soprattutto che non parliamo di un horror puro ma di un film che mischia, in modo incredibilmente sapiente, altri generi ‘cugini’ dell’horror, come il thriller e il drammatico a tinte fosche, ma anche altri più lontani come il crime e i film sulla malavita in generale, che qui è una delle colonne portanti dell'opera.
Il rapporto padre figlia ci sta, la vita nel ghetto pure e tutto il resto...C’è u però un'unica grande pecca che mi ha fatto storcere il naso, ed è una cosa che purtroppo influisce pesantemente e continuamente sugli eventi senza che sia realmente necessario. Un fattore e che secondo me poteva essere solo accennato e stavamo bene lo stesso, anzi meglio.
Mi riferisco agli elementi da ghost story che permeano molte scene della pellicola. Questi influiscono almente tanto che arrivano a compromettere la credibilità dell’opera stessa, che fino ad un certo punto  riesce ad essere permeata di un realismo spietato e di una dolce essenza commovente (grazie al  rapporto tra la figlia e il padre che è fantastico) ma che si perde un po’ per strada a causa proprio delle presenze spirititate che girano per la fattoria. 
 
All’inizio è la figlia del macellaio a vedere questi spiriti (gli spiriti dei cadaveri portati al padre), a spaventarsi di alcuni e a parlare con altri, e tutto fa pensare che siano solamente proiezioni della sua mente martoriata dagli orrori a cui è costretta ad assistere giornalmente. Poi però, soprattutto nel finale, questi interferiscono pesantemente sul  corso degli eventi , e lo fanno senza modificare di un millimetro quello che io avevo già scommesso essere il finale  sin da metà film.
Diciamo che il fattore spiritico sarebbe stato un valore aggiunto se fosse rimasto appena accennato e collegato ad un eventuale disturbo post-traumatico della bambina, mentre il suo entrare a gamba tesa nel corso degli eventi toglie molto al realismo a cui sembra spesso puntare la pellicola, senza per altro aggiungere nulla allo spettatore  (se non un lacrimuccia nella scena finale e qualche inutile e fuori luogo jumpscare qui e la').

Ad ogni modo è un film davvero godibile, commuovente e angosciante 'che ti rimane dentro' (come dovrebbero rimanere tutti i film horror). Ill Take your Dead vanta poi una fotografia cupa ed evocativa, Una regia che sa il fatto suo , Una recitazione egregia da parte di tutti gli attori ma soprattutto da Aidan Devine (William), che con il suo sguardo nostalgico e rassegnato da uomo duro e sofferente mi ha ricordato vagamente le espressioni facciali da derelitto di cui era capace il bruce willis de L’ultimo Boy Scout e di Die Hard 3.
Un film che parte con determinati presupposti horrorifici, che di elementi orrorifici visivi ne ha parecchi ma che sa evolversi in maniera tutt’altro che scontata in un avvincente gangsta movie e che si rivela lentamente essere intriso di buoni sentimenti umani,  seppur non privandoci di un finale dal sapore non completamente amaro ma sicuramente neanche agrodolce. 
Una piccola perla imperfetta dedicata “Alle albe e ai tramonti” della vita.

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