Disquiet recensione spiegazione

disquiet recensione spiegazione

Mettiamo subito le cose in chiaro: Disquiet è un film oggettivamente e tecnicamente mediocre, ma non solo: è anche confusamente e maldestramente religioso. 
Ed è per questo che lo sfrutterò per fare una digressione personalissima sul mondo religioso di cui si fa portabandiera. 

Domani tra l'altro sarà natale, ovvero il 25 Dicembre, giornata in cui storicamente nella tradizione pagana, sopravvissuta sino ai romani, si festeggiava il sole e non la nascita di Cristo, in quanto da quel giorno in poi, secondo la tradizione pagana,  le giornate avrebbero cominciato ad allungarsi. 
Arrivati i cristiani a sostituirsi con il loro monoteismo alle altre credenze convennero che per il loro processo di indottrinamento dei pagani il  25 poteva essere funzionale, ma che sarebbe diventato il giorno della nascita di Gesu, in quanto portatore di luce.  A proposito: buon natale a tutti... Come si sarà già capito chi scrive è ateo.

differenza di molti ‘chiesaroli’ (passatemi il termine) che a leggere queste righe mi definiranno un povero di spirito , a me le persone di credo hanno sempre ispirato tenerezza e comprensione. Parlo di quelle convinte e in buona fede, non quelle che si affiliano alla squadra che vince per tradizione o abitudine. Le persone convinte le trovo  irrazionali e credulone  (caratteristiche a mio vedere fondamentali per seguire dogmi imposti dall'alto)  , ma anche  sincere e quindi  rispettabili…Questo se non fossero i primi, con il loro pensiero dogmatico ed imperativo,  a non rispettare il libero pensiero altrui. 

Sebbene infatti l’occidente si definisca in larga parte laico e secolarizzato, la religione permane anche oggi un fardello culturale -e politico- di portata considerevole. Ammantate di un infantilismo implacabile, che probabilmente  le aiuta  a vivere meglio di me, molte persone di credo usano dividere il mondo ideale con l’accetta:  buoni  e cattivi, bene e male, vero e  falso.  Pratica superficiale ma dannatamente funzionale.

Mi è capitato di sentire persone di fede ridere bonariamente di altre per l'altrui irrazionale credenza in alieni, fantasmi o altri esseri ultraterreni,  per poi sniffarsi il Nuovo Testamento ogni domenica come se fosse un insieme di fatti realmente accaduti e provati, eventi paranormali inclusi.

A parte il fatto che  sul piano probabilistico è più plausibile credere che possa esistere un  pianeta  con un clima abitabile simile al nostro con forme di vita aliene piuttosto che un creatore onnipotente che in sette giorni, in quattro e quattr’otto  ha fatto tutto e guarda un po' ad uso e consumo umano…A parte questo la cosa triste è che il  pensiero magico oggi  è  più vivo che mai: abbiamo la wicca, i tarocchi , i fuffaguru che ti leggono l’oroscopo come se fosse una scienza esatta, ed una schiera di pseudoscienze e credenze fanfalucche, e solo in ultima analisi abbiamo preti  e santoni vari affiliati a qualche religione organizzata  che ti propinano le favole  del Cristo risorto, del Maometto, del Buddha e quant’altro. Ma qual è  il corto-circuito intellettuale? Che se parli dei tarocchi come di  un insieme di frottole antiscientifiche la stragrande maggioranza delle persone ti darà ragione, mentre se trasli la cosa alle storielle della Bibbia in quel momento diventi blasfemo.

Cosa rende le religioni credibili? La lore, il background culturale (o impianto scenico come lo definisce Caparezza in Confusianesimo) ed il fine. 

Il fine di tutte le religioni, come si evince anche da questo film, è dare un significato ultimo all’inevitabilità della morte, perché la morte dalla notte dei tempi fa paura a tutti gli esseri umani ed è difficile metabolizzarla in modo razionale. La dove la scienza fallisce nel dare risposte certe è la religione che si inserisce e da un senso alla nostra del tutto normale e spesso randomica scomparsa.

La lore invece è l’hummus che ammanta le storie epiche di cui sono farciti i più volte rimaneggiati libri sacri, all’interno del quale le religioni nel tempo sono prosperate e maturate diventando organizzazioni strutturate e riconosciute. Lore nel senso che le religioni più seguite , monoteiste e non,  hanno avuto secoli e secoli di proselitismo (più o meno coatto) e di conseguente tramandamento dei propri racconti di fantasia, quasi sempre riadattati all’occorrenza per l’epoca che attraversavano.

Ed è così che anche oggi, nonostante l’avanzamento incredibile della tecnologia, la quale dovrebbe aver aperto alla cultura i più, ed all’applicazione sempre più metodica e precisa del metodo scientifico di Galileo,  rimane concepito come perfettamente normale che ci siano miliardi di persone che continuano a stabilire, per pura convenzione sociale, che quella storia di fantasia è vera (la propria)  mentre le altre no. Poco importa se in tutti i casi si tratta di pensiero magico, e che  la magia come tutti sanno semplicemente non esiste: diventa reale nel momento  in cui c'è  una massa critica non trascurabile che ne afferma a gran voce l'esistenza. 

Così ancora oggi  il dogmatismo religioso influenza la realtà culturale e  sociale ed applica come un manganello ideologico il suo moralismo, che subconsciamente tutti subiamo e applichiamo. In questo solco si pone Disquiet, che a conti fatti è  un film che fornisce la classica lettura religiosa delle cosiddette “esperienze pre-morte”, ovvero quei presunti eventi che molte persone in punto di morte hanno raccontato di aver vissuto, e in cui si sarebbero 'avvicinate a Dio'. Per quanto criticabile, di l’ambizione questo film ne ha da vendere, perché si pone come autorità giudicante dell’altrui condotta, delineando il  bene e il male di cui sopra, in modo ridicolmente netto e stereotipato, ignorando  le tante sfumature della realtà.

Disquiet -letteralmente “inquieto”- si tiene maldestramente in bilico tra sacro e  profano, tra serio e faceto. Siccome però di horror si tratta non lesina sulla violenza e su elementi grotteschi dando al tutto un'aura di demenzialità tanto involontaria quanto fuori luogo. Una condotta poco retta e confusionaria che porta ad un   pistolotto moralista  che non convince neanche alla lontana, risultando in un mappazzone malriuscito di cliché scarsamente digeribile alleggerito fortunatamente da una durata al di sotto della media

Una ricetta fatta di stereotipi sia cinematografici che religiosi  visti e rivisti, citofonati, inflazionati che si rifanno  ad una banale visione esclusiva dell’aldilà: Inferno, paradiso e purgatorio (ovvero l’ospedale stesso) sono messi in scena senza  classe o profondità, facendo lo slalom  tra sexy demoni di lilithiana memoria e rassicuranti vecchietti-guida in carrozzella di nome Virgil (un tanto chiaro quanto ormai inflazionato richiamo alla Divina Commedia)Il tutto per imbastire una storia che dopo  venti minuti si sa già dove andrà a finire e di che paste è fatta.

Un uomo come il protagonista, sempre distratto dal lavoro e dalla tecnologia trascura la sua compagna incinta, è il prototipo perfetto del peccatore moderno che si fa redento .

Per l’ultima volta vittima delle sue distrazioni terrene esso subisce un brutale incidente d’auto e va in coma.  La sua fine è chiara ma nonostante ciò si sveglia nel suo letto d'ospedale, un luogo buio, silenzioso e apparentemente svuotato di ogni presenza umana, in quella che ricorda vagamente la scena del risveglio di Rick Grimes in The Walking Dead.

Capiamo prestissimo che l’ospedale in cui si muovono il protagonista e tutti gli altri comprimari (ovvero altre persone in coma all’interno dello stesso) è una dimensione onirica, un'allegoria popolata da elementi insoliti e sopra le righe: abbiamo sexy manze indiavolate, trombe delle scale da cui si intravede il fuoco  dell’inferno e terrazzi che conducono ad una luce paradisiaca.

Girato a basso budget e con unica ambientazione quella dell’ospedale (peraltro unica cosa riuscita) nel film il nostro intraprenderà il  lungo e doloroso  cammino verso la redenzione (anche questa tendenza all'espiazione tramite sacrificio e dolore è di matrice cristiana) incontrando una serie di personaggi  allegorici, per non dire macchiettistici, che lo aiuteranno  e\o ostacoleranno nella sua strada verso il citofonatissimo paradiso con un contorno di  recitazione, scrittura e regia quasi mai all'altezza dei temi trattati. 

Paradossalmente definirei Disquiet un film senz'anima. Il suo obiettivo sarebbe evocare emozioni da provetti redenti ma non ci riesce praticamente mai.

Forse il problema è mio che da infedele conclamato, con il mio cieco ateismo sono impossibilitato a scorgerne l’arte, la poesia, la profondità? Non lo so. Sarà che come diceva il buon Freak Antoni: "il dogma sai non fa per me" , ma  quel che vedo io è solo l’ennesimo horror di merda a basso costo  ‘a la netflix’ però con l'aggravante di un fastidiosissimo moralismo fuori luogo,  che se si risparmiava stavamo tutti meglio, film incluso.

Grazie per la lettura e per il tuo tempo!

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