Ok. La recensione potrebbe finire qua, con questo brillante quanto spietato monologo, ed il semplice consiglio di non perdersi l'ennesima mini serie dell'ormai veterano Mike Flanagan ma tant'è: forse posso aggiungerci del mio.
Con La Caduta della Casa degli Usher il buon Flanagan si fa infatti perdonare per quel neanche tanto mezzo passo falso rappresentato da The Midnight Club - recensione e riesce pure a tornare (e probabilmente superare) i fasti di Hill House - recensione / Bly Manor sfiorando i livelli di quel capolavoro di The Midnight Mass - recensione donandoci un'opera a mio parere quasi perfetta sia nella forma che nella sostanza. A discapito di quel che può sembrare nella sua apparente semplicità, la vicenda degli Usher così come reinterpretata da Flanagan, credo riesca a scavare nel profondo di questa nostra ormai schizofrenica società più di quel che sembra.
Per la forma (cosi ce la togliamo di mezzo): la serie trae massima ma non capitale ispirazione dalla migliore tradizione di stampo gotico americano e si pone come palese e dichiarato omaggio alle opere letterarie più memorabili del grande Edgar Allan Poe.
Non si limita a prendere spunto dall'omonimo racconto dedicato agli Usher ma riempie letteralmente di riferimenti a Poe l'intera opera, e lo fa con gran carattere e originalità.
La serie è tecnicamente perfetta o quasi: una buona fotografia, una caratterizzazione dei personaggi credibile e incredibile al contempo (a volte volutamente grottesca e\o didascalica), non c'è una inquadratura fuori posto, lo stile è quello pulito , accessibile ma a suo modo ricercato tipico di questo regista, e nella sua semplicità si presenta non ermetico, chiaro e privo di buchi di sceneggiatura, perfettamente autoconclusivo e con un cast di alto livello che va dall'ormai classica presenza della fantastica e meravigliosa Carla Cugino nei panni dell'entità nota come Verna (che tra l'altro è l'anagramma di Raven in inglese, il Corvo appunto) fino ad un bravissimo ed inaspettato Mark Hamill (che per chi non lo sapesse è Luke Skywalker) nei panni del metodico e spietato avvocato degli Usher, una delle figure più interessanti della serie, anche questo di derivazione 'poeniana'.
Critiche sulla forma? Forse qualche jumpscare era evitabile, ma poi alla fine sti cazzi: in questo caso secondo me ci stanno pure quelli.
Ora però veniamo alla sostanza e per farlo vorrei spostare nuovamente la vostra attenzione sul monologo che ho trascritto in apertura.
Rileggetelo e tornate qui, grazie.
La Caduta della Casa degli Usher secondo me porta avanti un duplice messaggio:
Apparentemente è una storia di 'giustizia divina' (dove per divino si intende un'entità per niente buona che scioglie nell'acido i suoi colpevoli ) e dove le vittime è una ben assortita manica di bastardi che si sono arricchiti prima con il Ligodone, un farmaco che nei decenni è stata la causa di morte di milioni di persone, e poi con altri business più o meno leciti e quasi mai etici.
A diffondere il farmaco sono stati il patriarca Roderick Usher e la matriarca Madeleine Usher, fratelli, ma anche la progenie non scherza: con una sola eccezione (che è la figlia di Frederick a cui infatti viene riservata una sentenza obbligata ma a suo modo dolce) ognuno di loro dimostra ampiamente allo spettatore di meritarsi la fine che farà, e per essere onesti dico che ci si gode parecchio a vederli crepare.
Il primo significato, quello più palese, è quindi quello di una giusta sentenza finale per una dichiarata e fiera avidità spinta all'eccesso.
Detto ciò però è il secondo messaggio ad essere più interessante. E' sussurrato per tutta la serie, specie dal personaggio di Madeleine, e viene fuori in modo duro ed esplicito in quel monologo (che secondo me supera anche quello più 'famoso' dei limoni). Flanagan infatti non si limita a dire che i cattivi sono cattivi, anche perché questo è alla portata di tutti e fa contento il popolino che così sentirebbe anche troppo sollevato dalle sue responsabilità. La serie fa capire infatti che , al netto dei sordidi patti sovrannaturali fatti da Roderick e Madeleine in quel famoso capodanno del 1979, il loro successo è dovuto anche e soprattutto alla gente comune, a noi 'normie' , coloro che "li hanno inventati", noi che supplichiamo ogni giorno gente come gli Usher per la merda che ci vende e di cui siamo infinitamente ghiotti e che alimentiamo con le nostre scelte di consumo anch'esse spesso ettate dall'avidità, ed in maniera minore solo perchè abbiamo poco potere.
Di fatto scegliamo ogni giorno un mondo peggiore mangiando merda, inquinando e favorendo lo sfruttamento.
I 'malvagi', in sostanza , ci danno esattamente quello che vogliamo. Se chiedessimo verza ci venderebbero verza e lattuga, non big mac o whopper, se ne fossimo interessati investirebbero sulla ricerca farmaceutica per malattie gravi e non nel Viagra. Se avessimo un minimo di etica , se non fossimo tutti così dannatamente egocentrici e simili agli Usher non venderebbero più a nessuno magliette per bambini di Lilo e Stitch da 5 euro a sua volta prodotte da altri bambini meno fortunati in qualche logoro scantinato del Bangladesh. Noi vogliamo questa merda, e loro ce la vendono.
Per quanto meno palese dell'altro per me questo è un concetto con cui dovremmo fare i conti perché sotto sotto purtroppo siamo tutti un pò Usher , perché è così che ci hanno insegnato ad essere. Rendersene conto può aiutarci perché ci può portare a maturare una coscienza critica sociale applicata non solo verso il ricco (il fin troppo facile e scontato eat the rich, leit-motiv ed attitudine brutale di tutti i populismi, anche se spesso motivati da verità) ma in quanto tale verso noi stessi.
La verità, che facciamo fatica ad accettare ma che sarebbe necessario metabolizzare per andar avanti e migliorare invece che sprofondare come stiamo facendo, è che molti di noi al posto di Madeleine e Roderick avrebbero fatto lo stesso, pur sapendo fin da subito che ci sarebbe stato un prezzo alto da pagare.
Dopo il colpo assestato alle religioni con Midnight Mass (che consiglio assolutamente) Flanagan con la sua consueta e solo apparente commercialità ed accessibilità , ci assesta un altro pugno nel costato , che stavolta colpisce tutti nel mucchio e non solo una categoria.
Ancora una volta il cinema, l'arte diciamo, ci spinge a ragionare su quello che eravamo, quello che siamo e quello che diventeremo se non ci ravvediamo.
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